Mattia era un bambino di undici anni, con un sorriso luminoso come il sole e alcuni nei sparsi sul viso, come stelle. Viveva coi genitori in una bella casetta in campagna e appena calava il buio usciva in giardino e ci restava per ore, incantato a guardare il cielo.
Una splendida sera d’estate, come accadeva spesso, la mamma lo chiamò più volte perché rientrasse: "Mattia! Vieni in casa che prendi freddo!" Ma lui faceva finta di non sentire.
Allora il papà gridò arrabbiato affacciandosi dal salotto: “Se non ubbidisci sarà peggio per te!”
Lui allora tornò in casa, tuffandosi nella finestra di camera sua, perchè faceva atletica leggera ed era il più bravo nel salto in alto. Atterrò su un materasso, che teneva apposta per terra, e corse in sala dai genitori.
Il papà lo guardò male: “Non puoi continuare così; non hai neanche finito i compiti!"
La mamma comparve sulla porta: "Ma si può sapere che ci trovi in quelle benedette stelle?"
Mattia non rispose, tanto sapeva che non l'avrebbero capito. Era convinto, anzi era sicuro al cento per cento, che esistessero gli extraterrestri. Sdraiato sul prato si immaginava storie fantastiche in cui degli esseri dalla pelle verde diventavano suoi amici e lo invitavano sul loro pianeta. Solo la nonna un po' lo capiva, infatti gli aveva regalato una catenina d'oro con una stellina, che lui teneva al collo e considerava un portafortuna.
"Se avessi un gatto non starei sempre fuori" disse alla mamma, perchè adorava i gatti, ma la lei non aveva mai voluto regalagliene uno. Sosteneva che era allergica, ma lui pensava invece che le stessero semplicemente antipatici.
"Cosa c'entra il gatto? Non cambiare discorso. Se non ti chiamassi saresti capace di restare là fuori tutta la notte!".
"Caspita che idea!" pensò, "meraviglioso! Perchè non ci ho mai pensato?"
Si sedettero a tavola e Mattia cenò in silenzio, con lo sguardo assente e uno strano sorrisetto. Stava preparando un piano: il sacco a pelo, quello caldo di piume d'oca, una torcia, la sveglia...
"Ma c'è qualcosa che non va?" Gli chiese la mamma.
"No, no, niente, sono un po' preoccupato per l'interrogazione di domani".
Dopo cena finì i compiti e si mise a suonare la chitarra, che era un'altra cosa che amava molto fare. Quando la mamma gli gridò che era tardi, si mise il pigiama e si infilò sotto le coperte. Ma non dormì. Non aveva sonno, era troppo eccitato per quello che aveva in mente di fare. Finalmente sentì i genitori andare a letto e dopo un po' si alzò per andare a mettere l'orecchio contro la loro porta. Il loro respiro era forte e regolare, allora prese il sacco a pelo, la torcia, la sveglia e uscì in giardino, passando dalla finestra.
Appena fuori rimase paralizzato dalla felicità: la notte era meravigliosa, col cielo pulito e senza luna; le stelle erano così luminose che sembrava di poterle toccare alzando il braccio. I piedi nudi nell'erba umida gli diedero un brivido di gioia. Si infilò nel sacco a pelo e cominciò a fantasticare con gli occhi al cielo. Le sue labbra si aprirono in un sorriso beato che gli rimase stampato sul viso per ore. Solo a notte fonda si addormentò e fece sogni meravigliosi.
"IAAAAOOOOO!"
Si svegliò di soprassalto. Gli sembrava di aver sentito miagolare proprio nell'orecchio; ma non era possibile, il giardino aveva un recinto anti-gatto, fatto costruire dalla mamma con aste di metallo verticali, in modo che nessun animale riuscisse ad arrampicarsi. Si rimise a dormire.
"IAAAOOOOOO!"
Di nuovo quel miagolio, questa volta accompagnato da una zampata morbida contro la guancia. Pensò, contento, che un gatto c'era davvero. Si tirò su a sedere, ma non vide nulla. Accese la torcia, guardò bene dappertutto, ma non trovò niente e tornò a dormire un po' deluso.
Sognò che aveva mangiato cinque piatti di pasta e che gli pesavano sullo stomaco. Si svegliò, aprì gli occhi e vide che sulla sua pancia c'era un simpatico micio nero con due occhi azzurri sottili. Provò un pizzico di paura, non per il gatto, ma per il modo in cui lo fissava. Era uno sguardo intelligente e sembrava che fosse venuto lì apposta per lui.
"Ciao bel micio, che fai qui?"
"Iiaoo" rispose lui con un filo di voce, socchiudendo gli occhi. Aveva un difetto di pronuncia diceva "iao" invece di "miao"
"Ma che fai ti mangi le emme?" gli chiese accarezzandolo.
Il gatto si mise a fare le fusa: "Vvvvvrrrrrr, vvvvvrrrrr".
"Ehi, ma sembri un trattore" gli disse felice, passandogli la mano sotto il muso. "Io adoro i gatti, lo sai?"
Lui fece due piccoli movimenti in su e in giù con il muso e Mattia ci rimase di stucco. Non ci poteva credere. Aveva fatto proprio il gesto degli umani per dire di sì.
“Ma dove hai imparato a fare così?”
“Iaoooo” rispose lui e si avvicinò all’apertura del sacco a pelo.
"Vuoi dormire con me?"
Di nuovo il gatto fece di sì con la testa.
Gli fece un po' di spazio nel sacco a pelo e si addormentò accarezzandolo, con il sorriso fino alle orecchie.
"Bip bip bip bip bip bip bip bip bip...."
Mattia aprì un occhio e spense la sveglia prima che la sentissero i genitori. Le lancette segnavano le sei e un quarto. Cominciava appena a fare giorno. L'aveva messa a quell'ora perchè non voleva farsi scoprire da suo padre che si alzava alle sei e mezza. Sulla pancia sentiva un peso. Allungò la mano e sentì un pelo morbido. Gli sbocciò un sorriso luminoso come il sole: allora non aveva sognato! Aprì gli occhi e incontrò quelli azzurri del gatto, che si chiusero e riaprirono due volte in un doppio tenero occhiolino.
"Vvvvvvrrrrrrr vvvvvvrrrrrrrr".
"Ma tu fai sempre le fusa?"
Il gatto fece di sì con la testa.
"Allora ti chiamerò Fusolo" gli disse, mentre usciva dal sacco a pelo. Appena fuori si mise a fare salti di gioia, ridendo felice come non si era mai sentito. Aveva finalmente un gatto ed era speciale, sembrava più intelligente del normale. "Vuoi rimanere con me?" gli chiese accucciandosi accanto a lui.
Il gatto si avvicinò e gli diede un bacio sulla guancia. Un vero bacio, non una leccata, come fanno di solito gli animali, ma gli poggiò proprio le labbra e le aprì schioccandole, col suono "mmff".
Mattia lo trovò tenerissimo e gli disse accarezzandolo: "Sei meraviglioso, dici di sì e dai i baci; ma credo che mia mamma non ti vorrebbe lo stesso, è meglio che non ti fai scoprire".
Il gatto seguiva ogni parola muovendo i baffi e le orecchie preoccupato.
"Ti devi nascondere in garage e venir fuori solo di notte. Ok?"
Il gatto annuì, se ne andò verso il garage, mentre al chiarore del giorno che cresceva, Mattia si accorse che non era nero ma blu molto scuro.
"Bip bip bip bip bip" il suono di una sveglia uscì dalla finestra della camera dei genitori.
"Oddio! Sono fritto" pensò Mattia. Prese sacco a pelo, sveglia e torcia e saltò dentro la finestra del soggiorno. Poi corse lungo il corridoio, mentre sentiva i rumori del padre che apriva la porta della stanza. Per fortuna Mattia era uno dei più bravi nelle gare dei cento metri ed entrò in camera sua un secondo prima che il papà sbucasse da dietro l'angolo.
Così nessuno si accorse che aveva dormito fuori e neanche che c'era un nuovo abitante in quella casa. Veramente Fusolo in casa entrava solo quando il papà e la mamma non c'erano. Per il resto del tempo se ne stava nascosto in garage o se ne andava in giro, perchè riusciva a scavalcare anche il recinto anti-gatto. Era davvero bravissimo, non si faceva mai scoprire. Seguiva Mattia ovunque, anche quando andava a scuola.
La domenica successiva lo zio Velox invitò Mattia a fare un giro sulla sua nuova macchina. Naturalmente Fusolo andò con lui e si infilò di nascosto dietro il sedile, mentre lo zio lucidava i fanali.
Velox era fissato con le automobili veloci. Appena imboccarono l'autostrada ingranò la quinta e la macchina schizzò via come un missile. Mattia dal finestrino vedeva tutto passare così rapidamente che non riusciva più a distinguere un palo da un albero e una mucca da un cavallo. Era eccitato; anche a lui piaceva andare forte e sapeva che il meglio doveva ancora venire, perché lo zio truccava i motori e dopo la quinta ci sarebbe stata la sesta, la settima e forse l'ottava. Era contento di avere anche una dolce compagnia: allungò il braccio dietro lo schienale e trovò il pelo liscio di Fusolo.
Con l'aumentare della velocità l'automobile cominciò a vibrare, ma quando lo zio ingranò l'ottava invece, di colpo, la macchina cessò di tremare e ondeggiare. Sembrava quasi ferma.
Mattia si sentì sfiorare il collo da qualcosa di morbido, si girò e vide Fusolo in piedi sul sedile che faceva la gobba, col pelo dritto e gli occhi azzurri rotondi come due fanali. Allungò la mano per spingerlo di nuovo sotto il sedile ma lo zio gridò: "ODDIO! NON C'E' PIU' LA STRADA!"
Dai finestrini laterali si vedevano i tetti delle case e le cime degli alberi.
Zio Velox, bianco in volto, balbettava: "Non è po- pos-si-bi-le. Stia-mo vo-vo..."
Fusolo fece un piccolissimo sì con la testa.
"De-vo aver esa-ge-ra-to con la ve-ve-lo-..."
"Zio, ti prego, rallenta!" gli chiese Mattia spaventatissimo.
"Ehm... se di-diminuisco la velocità credo che ci sch-schiantiamo al suolo; le aut-automobili non possono atterrare".
"AAAAAHHHRG" gridò Mattia perchè aveva visto il campanile di una chiesa proprio davanti a loro. Velox girò il volante, ma lo sterzo nell'aria non fece cambiare direzione alla macchina.
"Iiaaaoooo!" disse Fusolo fissando il campanile; la macchina cambiò traiettoria ed evitarono lo scontro per due centimetri.
Mattia e lo zio sudavano freddo; capivano tutti e due di essere senza scampo. Avevano evitato il campanile per un pelo, ma prima o poi si sarebbero sfracellati contro qualcos'altro. Il gatto invece continuava a fissare davanti a sé, con le pupille dilatate, senza mostrare il minimo timore.
Quando Velox vide un fiume in lontananza ebbe un idea. "Abbiamo un'unica possibilità di salvarci: buttarci in acqua, tanto tu sei bravo nei tuffi. Vero, Mattia?"
"Si, zio" rispose il nipote tremando.
"Ecco, ci siamo".
Sotto di loro era apparsa la larga ansa di un fiume. "Pronti...adesso.... Via!" Lo zio aprì lo sportello e si tuffò. Mattia cercò di imitarlo ma la sua portiera non funzionava. Provò ad abbassare il finestrino ma era bloccato. Si precipitò allora verso l’altra porta, ma era troppo tardi: vide zio Velox che nuotava in salvo verso la riva, ma la macchina non era più sopra il fiume e, senza il piede sull'acceleratore, stava precipitando verso il suolo. Mattia svenne per il terrore.